La Settimana Santa di Francesco nel segno della misericordia

2016-03-21 Radio Vaticana

Giorni unici per densità di appuntamenti e intensità spirituale. È ciò che alla vigilia della Pasqua i cristiani vivono nel momento in cui l’anno liturgico li invita a immergersi nella Settimana Santa e in particolare nel Triduo pasquale. Un periodo, questo, segnato dalla riflessione del Papa sul Giubileo della Misericordia, che Francesco aprirà con la Messa in Coena Domini il pomeriggio del Giovedì Santo in San Pietro. Gli eventi dei prossimi giorni in questo servizio di Alessandro De Carolis:

Misericordia. L’anima e la carne del prossimo Triduo pasquale saranno strettamente orientate da questo valore sul quale Papa Francesco ha voluto incardinare la Chiesa universale per un intero anno. Già la Domenica delle Palme ha mostrato l’impronta giubilare impressa dal Papa anche alla Settimana Santa – la sua carrellata sui singoli supplizi della Passione sublimati dall’amore abissale di Cristo che tutto perdona e ricopre di misericordia anche nel momento in cui a essere abissale è il dolore.

“Ho bisogno di essere lavato dal Signore”
Del resto, ha detto Francesco, la Settimana Santa è il racconto di un Dio che per amore dell’uomo sceglie di annientarsi. E il momento culmine in cui la spogliazione di Gesù sembra sovrapporsi e fondersi quasi con quella del suo Vicario in terra è quando, il Giovedì Santo, Francesco – come ha preso a fare dall’inizio del Pontificato – si china a lavare e a baciare piedi dei socialmente scartati. Non si conosce ancora il luogo e l’ora in cui il Papa celebrerà la Messain Coena Domini del 24 marzo, ma pensando al Giubileo non può non tornare alla memoria l’umiltà delle sue parole dello scorso anno ai detenuti di Rebibbia, poco prima di inginocchiarsi davanti a loro:

“Ma anche io ho bisogno di essere lavato dal Signore e per questo pregate durante questa Messa perché il Signore lavi anche le mie sporcizie, perché io diventi più schiavo di voi, più schiavo nel servizio della gente, come è stato Gesù”.

Contemplare le ultime ore
Una schiavitù che per “l’indifferenza” delle autorità – come ha affermato ieri Francesco – diventa crudele spettacolo sul Golgota. Ciò che la Chiesa mediterà lungo le ore del Venerdì Santo, con il Papa in Basilica vaticana alle 17 per celebrazione della Passione del Signore, rivissuta qualche ora dopo, alle 21.15, nella notte della Via Crucis al Colosseo. E un’altra notte, quella del Sabato Santo, “Madre di tutte le Veglie”, anticiperà con i riti di benedizione dell’acqua e del fuoco la vita nuova della Risurrezione, con Francesco a presiedere la celebrazione in San Pietro dalle 20.30. Infine, domenica 27 marzo, Pasqua di Risurrezione, la Messa del giorno in Piazza San Pietro fissata per le 10 sarà suggellata come sempre a mezzogiorno dalla benedizione Urbi et orbi di Papa Francesco, impartita dalla loggia centrale della Basilica Vaticana.

La risposta non banale
L’inizio della Settimana Santa è dunque la porta d’ingresso di un mistero che, tra il Cenacolo e il sepolcro, chiede alla fede di essere fuoco e non acqua stagnante. “Prendiamo sul serio il nostro essere cristiani, e impegniamoci a vivere da credenti”, scrive oggi Francesco in un tweet. Il perché lo spiegava l’anno scorso durante la Veglia:

“Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione”.

(Da Radio Vaticana)

Dopo una sosta in un campo profughi dell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia il segretario di Stato visita la Bulgaria per i venticinque anni delle relazioni diplomatiche – Accoglienti verso tutti

2016-03-21 L’Osservatore Romano

«Essere accoglienti verso tutti», in particolar modo verso «i più poveri, i più bisognosi, i sofferenti e gli emigranti». È l’invito rinnovato dal cardinale Pietro Parolin in Bulgaria, dove il segretario di Stato è giunto domenica 20 marzo per una visita ufficiale dopo i due giorni trascorsi nell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia.

Il porporato aveva ancora negli occhi le immagini del giorno precedente: sabato 19, infatti, dopo una breve visita alla casa memoriale della beata Teresa di Calcutta a Skopje e a Stobi, dove furono martirizzati i primi cristiani, si era recato nelle zone di frontiera dell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, dove aveva potuto sperimentare direttamente la drammatica situazione dei migranti nel campo di transito di Gevgelija, nel sud del Paese. Qui aveva espresso la vicinanza di Papa Francesco e incoraggiato il notevole impegno dei tanti volontari. Infine, prima di congedarsi, aveva compiuto una breve visita alla cattedrale dell’esarcato apostolico a Strumica.

Giunto domenica 20 a Sofia su invito della Chiesa locale e del primo ministro Boyko Borisov, il porporato ha innanzitutto partecipato alla messa celebrata in occasione della consacrazione della rinnovata chiesa della Dormitio Mariae, cattedrale dell’esarcato apostolico di Bulgaria. Al termine del rito, il segretario di Stato ha portato ai presenti — fra questi l’esarca apostolico Christo Proykov, i vescovi Georgi Yovchev e Petko Christov, il metropolita Antonio, delegato del Patriarcato ortodosso per l’Europa centrale, e la presidente del Parlamento Tzetzka Tzacheva — il saluto di Papa Francesco, il quale, ha detto, «segue con grande interesse la vita di questa comunità cattolica che è piccola ma piena di energie e molto attiva nel contribuire al bene comune di tutta la società bulgara». La chiesa della Dormizione, ha sottolineato il cardinale Parolin, è stata nell’ultimo secolo «testimone di momenti storici gioiosi ma anche travagliati». Qui hanno pregato anche monsignor Angelo Roncalli, quando era delegato apostolico in Bulgaria e, nel 2002, Giovanni Paolo ii durante la sua storica visita al Paese.

Nel pomeriggio, sempre nella capitale bulgara, il cardinale Parolin ha visitato la concattedrale di rito bizantino dedicata a Giovanni XXIII, costruita su un terreno che fu acquisito proprio da monsignor Roncalli quando era qui come delegato apostolico. Di seguito si è recato nell’adiacente monastero delle suore eucaristine e nel centro medico Giovanni Paolo ii, dove le religiose offrono cure mediche a persone disagiate e ai profughi del vicino centro di accoglienza. Infine, in serata, ha presieduto la messa della domenica delle Palme nella concattedrale di rito latino, la chiesa di San Giuseppe.

Fitto di appuntamenti anche il secondo giorno della visita del segretario di Stato, il quale ha avuto occasione di incontrare il patriarca bulgaro Neofit insieme ad alcuni membri del Santo Sinodo, il presidente della Repubblica Rosèn Asènov Plèvneliev, il primo ministro Boyko Borisov e il gran muftì Mustafa Hadji. Di seguito, il porporato ha partecipato al ricevimento organizzato per il venticinquesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Bulgaria. Nell’occasione, il cardinale ha richiamato le tappe che sin dal 1925 — quando monsignor Roncalli fu nominato visitatore apostolico — hanno segnato questo legame. In particolare è stato sottolineato lo speciale affetto che il futuro Papa Giovanni XXIII nutriva verso questo Paese e il suo popolo. Dopo aver ricordato come ogni anno una delegazione bulgara giunga a Roma per la festa dei santi Cirillo e Metodio, il segretario di Stato si è detto felice per aver «potuto visitare questo Paese bellissimo, la cosiddetta “terra delle rose”, che è stato sempre luogo di incontro tra est e ovest e tra differenti popoli, culture e religioni».

Papa: vicini a chi attende una rapida verifica della situazione matrimoniale

ANSA652107_LancioGrandePapa Francesco ha incontrato stamane nell’Aula Paolo VI in Vaticano i partecipanti a un corso di formazione della Rota Romana sul nuovo processo matrimoniale e sulla procedurasuper rato. I nuovi provvedimenti in materia – ha detto – mostrano la sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale. Il servizio di Sergio Centofanti:

Durante il Sinodo sulla famiglia – ha detto il Papa – sono emerse “forti aspettative per rendere più agili ed efficaci le procedure per la dichiarazione di nullità matrimoniale. Tanti fedeli, infatti, soffrono per la fine del proprio matrimonio e spesso sono oppressi dal dubbio” se sia valido o meno: “Ma questi fedeli in molti casi – ha osservato – trovavano difficoltà ad accedere alle strutture giuridiche ecclesiali ed avvertivano l’esigenza che le procedure fossero semplificate”. “La carità e la misericordia, oltre che la riflessione sull’esperienza – ha proseguito il Pontefice – hanno spinto la Chiesa a rendersi ancora più vicina a questi suoi figli, venendo incontro ad un loro legittimo desiderio di giustizia”. Così il 15 agosto scorso sono stati promulgati i documenti Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, “che hanno raccolto i frutti del lavoro della commissione speciale istituita il 27 agosto 2014″ con “un obiettivo eminentemente pastorale”:

“Mostrare la sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale. In particolare, è stata abolita la doppia sentenza conforme e si è dato vita al cosiddetto processo breve, rimettendo al centro la figura e il ruolo del Vescovo diocesano, o dell’Eparca nel caso delle Chiese orientali, come giudice delle cause. Si è così ulteriormente valorizzato il ruolo del Vescovo o dell’Eparca nella materia matrimoniale; infatti, oltre all’accertamento per via amministrativa – rato e non consumato –, a lui è ora rimessa la responsabilità della via giudiziaria in ordine all’accertamento della validità del vincolo”.

È importante – ha detto ancora il Papa – “che la nuova normativa sia recepita e approfondita, nel merito e nello spirito, specialmente dagli operatori dei Tribunali ecclesiastici, per rendere un servizio di giustizia e di carità alle famiglie”:

“Per tanta gente, che ha vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta un’importante possibilità; e queste persone vanno aiutate a percorrere il più agevolmente possibile questa strada (…) La Chiesa è madre e vuole mostrare a tutti il volto di Dio fedele al suo amore, misericordioso e sempre capace di ridonare forza e speranza. Ciò che più ci sta a cuore riguardo ai separati che vivono una nuova unione è la loro partecipazione alla comunità ecclesiale”.

Ma mentre “ci prendiamo cura delle ferite di quanti richiedono l’accertamento della verità sul loro matrimonio fallito – ha concluso Papa Francesco – guardiamo con ammirazione a coloro che, anche in condizioni difficili, rimangono fedeli al vincolo sacramentale”:

“Questi testimoni della fedeltà matrimoniale vanno incoraggiati e additati come esempi da imitare. Tante donne e uomini sopportano cose pesanti, grosse per non distruggere la famiglia, per essere fedeli nella salute e nella malattia, nelle difficoltà e nella vita tranquilla: la fedeltà. E sono bravi, eh?”.

(Da Radio Vaticana)

Papa Francesco in Polonia dal 27 al 31 luglio per la Gmg di Cracovia

RV13890_LancioGrandePapa Francesco, accogliendo l’invito delle massime autorità e dei vescovi polacchi, si recherà in visita pastorale in Polonia dal 27 al 31 luglio prossimi in occasione della 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Cracovia. Lo ha reso noto oggi ufficialmente la Sala Stampa della Santa Sede. La Gmg si svolge nell’Anno giubilare sul tema «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).

Nel suo Messaggio per la Gmg, pubblicato nel settembre dell’anno scorso, il Papa ricorda ai giovani che la gioia di Dio è perdonare, ma la misericordia non è “buonismo”, né sentimentalismo perché non cancella la giustizia. Nello stesso tempo, però, “l’unica via per vincere il male è la misericordia”: la giustizia è necessaria, ma non sufficiente, perché “giustizia e misericordia devono camminare insieme”.

Quella di Cracovia è la prima Gmg ad essere celebrata, a livello mondiale, dopo la canonizzazione dei Giovanni Paolo II. Sarà la terza volta che un raduno internazionale dei giovani coincide con un Anno giubilare. Così accadde nel 1983-84, durante l’Anno Santo della Redenzione, e poi nel Grande Giubileo del 2000, quando più di due milioni di giovani di circa 165 Paesi si riunirono a Roma per la 15.ma Gmg.

(Da Radio Vaticana)

Roma, funerali di un senzatetto: il Papa offre un pranzo agli amici

ANSA824088_LancioGrandeStamane, nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, è stato celebrato il funerale di un senzatetto, Boris, un polacco di 57 anni. Il clochard è morto circa due settimane fa in Via della Conciliazione. Le esequie, ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, si sono potute svolgere solo oggi a causa di adempimenti burocratici. Dopo il rito, tutti gli amici del senzatetto sono stati invitati nel Dormitorio “Dono di Misericordia” in Via dei Penitenzieri, messo a disposizione dai Gesuiti: qui hanno potuto ricevere un pranzo offerto da Papa Francesco.

(Da Radio Vaticana)

Il Papa incontra i greco-cattolici ucraini

sinodo-uc_1457179935Di Marco Mancini

Papa Francesco ha ricevuto in udienza il Sinodo Permanente della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina guidato da Svjatoslav Ševčuk, Arcivescovo Maggiore di Kyïv-Halyč.

Finora non sono stati diffusi discorsi ufficiali dell’udienza che il Papa ha concesso alla delegazione ucraina. Tra i temi affrontati – molto probabilmente – anche la Dichiarazione congiunta firmata a L’Avana tra Francesco ed il Patriarca Ortodosso di Mosca e di tutte le Russie Kirill.

“Io mi sento libero – aveva anticipato Mons. Ševčuk ad Acistampa – di essere anche franco e sincero, trasparente con il Santo Padre. Ma non in nome mio. Io voglio essere portavoce dei sentimenti, dei dolori, anche dei dubbi del popolo ucraino. Vorrei essere un mediatore tra le persone semplici e credenti e il Santo Padre. Perché l’identità della Chiesa greco-cattolica ucraina è sempre composta da due dimensioni: da una parte, condivide la stessa liturgia, teologia, anche un po’ della storia con le Chiese Ortodosse in generale, e soprattutto con la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca. Ma c’è un’altra parte, che è una parte integrale della nostra identità, ed è la comunione con il successore di Pietro. È proprio a motivo di questa parte della nostra identità che siamo stati da sempre stigmatizzati dagli ortodossi. Ma essere in comunione con il Santo Padre per noi è fondamentale. È naturale che al giorno d’oggi essere cattolico vuol dire essere ecumenico, essere promotore della unità fra i cristiani. Perciò, essere operatori della unità cristiana, specialmente nei riguardi dei fratelli ortodossi, fa parte della nostra missione di oggi: lo ha ripetuto tante volte il Santo Papa Giovanni Paolo II, e anche Papa Benedetto XVI.”

Nei giorni scorsi i Vescovi ucraini hanno celebrato una Divina Liturgia nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore.

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Le suore uccise in Yemen, martiri di oggi per la pace in cui si spera

le suoreDi Angela Ambrogetti

“Questi sono i martiri di oggi! Non sono copertine dei giornali, non sono notizie: questi danno il loro sangue per la Chiesa. Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi e anche dell’indifferenza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cui non importa”.

Così il Papa oggi dopo la preghiera dell’ Angelus ha ricordato le quattro Missionarie della Carità uccise in Yemen venerdì scorso.

Il Papa sabato a mezzogiorno è andato a recitare la preghiera dell’ Angelus con le consorelle delle suore uccise nella “ Casa dono di Maria” che si trova in Vaticano ed è gestita proprio dalle suore dell’ordine fondato da Madre Teresa.

Le quattro suore, come ha riportato la agenzia Fides, organo delle Pontificie Opere Missionarie, “sono state trucidate da un commando di uomini armati che ha attaccato questa mattina la struttura dove assistevano anziani e disabili, nella città yemenita di Aden. Lo confermano all’Agenzia Fides fonti del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale. Oltre alle suore, sono rimasti uccisi durante l’attacco terrorista anche l’autista e almeno due altri collaboratori della comunità, mentre è scampata alla morte la superiora del convento. Tra le vittime, anche anziani e disabili assistiti dalla comunità. Il bilancio complessivo, secondo fonti locali, è di almeno 16 vittime, mentre per ora non si hanno notizie del sacerdote salesiano indiano Tom Uzhunnalil, che risiedeva presso il convento delle suore, dopo che la chiesa dove viveva era stata saccheggiata e data alle fiamme da uomini armati non identificati.

Due delle suore uccise erano ruandesi, una era indiana e la quarta veniva del Kenya.

Non si hanno ancora notizie certe sulla matrice dell’aggressione terroristica, ma è noto che nella città portuale yemenita riconquistata mesi fa dalle forze fedeli al presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi, in lotta con ribelli houthi, sono radicati gruppi legati alla rete di al Qaida”.

Il vicario apostolico dell’Arabia meridionale, mons. Paul Hinder in una intervista ad ACI Group afferma: “Per me non c’è alcun dubbio che le sorelle sono state vittime di odio, l’odio contro la nostra fede”. Secondo Hinder “ci sono alcuni gruppi radicali che semplicemente non supportano la presenza dei cristiani che servono i più poveri tra i poveri”.

L’atto di violenza si inserisce in un contesto di guerra in Yemen nonostante tutti i tentativi di negoziati. “Ci sono gruppi- afferma Hinder- in particolare nella regione di Aden, che non sono sotto il controllo del governo regolare e cercano di destabilizzare il paese e per terrorizzare la gente. I pochi rimasti cattolici non avranno altra scelta che quella di rimanere in mondo più nascosto possibile e aspettare che torni la pace. Il sacrificio delle sorelle e le nostre preghiere sarà stato importante anche se non possiamo vedere l’effetto immediato. Come cristianicrediamo che il Golgota non è la fine, ma è il Signore risorto che avrà l’ultima parola”.

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“Papa Francesco, le persone in Ucraina soffrono”

“Santo Padre, le persone soffrono, aspettano il tuo abbraccio, l’attivo supporto della comunione cattolica e di tutto il popolo di buona volontà”. Il sinodo permanente della Chiesa Greco Cattolica di Ucraina termina il Sinodo Permanente con una dichiarazione congiunta rivolta direttamente al Papa. Una dichiarazione nella quale ripercorrono la storia e le sofferenze del popolo ucraino, al quale dimostrano vicinanza. Una dichiarazione nella quale non mancano di stigmatizzare “l’aggressione” subita dall’Ucraina.

Hanno incontrato Papa Francesco lo scorso 5 marzo, e l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk ha parlato con il Papa francamente. Si conoscono da anni, il capo della Chiesa Greco-Cattolica ucraina ha guidato l’eparchia di Buenos Aires quando il Cardinal Jorge Mario Bergoglio era arcivescovo lì. Con franchezza, ha fatto capire la sofferenza del popolo ucraino, il senso di tradimento per la dichiarazione congiunta tra il Papa e il Patriarca Kirill, che quasi derubricava la Chiesa Greco-Cattolica di Ucraina a comunità ecclesiale. Come se fosse una qualunque comunità protestante. Troppo, per una Chiesa da sempre ferita per aver mantenuto fedeltà e comunione a Roma, nonostante l’essere rimasta fedele alla tradizione ortodossa.

Papa Francesco ha compreso. Ha incoraggiato la fedeltà e la missione della Chiesa greco-cattolica in Ucraina con un messaggio che ha voluto fosse consegnato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Una risposta diplomatica a un vulnus diplomatico, perché tale era in fondo l’incontro con il Patriarcato di Mosca, privo come era di un momento di preghiera e fuori da ogni spazio che potesse considerarsi sacro.

La Chiesa greco-cattolica di Ucraina ha compreso, apprezzato la vicinanza del Papa. Ma ha rilanciato la sua posizione, in un lungo comunicato che in fondo rappresenta la summa di tutto quello che hanno provato i greco cattolici nella nazione. Con un riferimento particolare allo pseudo-Sinodo di Lviv, di cui quasi si celebra il 70esimo anniversario, che soppresse di fatto i cattolici di rito orientale dell’Ucraina. E con il rimarcare la decisione simbolica di fare sì che questo sinodo avesse luogo a Roma, perché l’unione con Roma fosse visibile.

L’Ucraina è descritta come una nazione che vive la guerra, una “radicale violazione della volontà di Dio”, che nel territorio ucraino si è delineata come “un nuovo tipo di massacro, una guerra ibrida diretta alla sovranità, alle possibilità economiche, alla memoria storica e al pubblico internazionale”. “Una nazione europea è stata invasa, la sua terra annessa, la sua infrastruttura industriale distrutta, la sua economia distrutta”.

E per questo “la libertà, l’autodeterminazione, la giustizia, lo Stato sociale delle persone sono sotto attacco”, mentre una “sofisticata propaganda” mette in discussione la stessa identità degli ucraini. Una propaganda che i vescovi greco-cattolici di ucraina paragonano a quella nazista e sovietica.

Un mondo – quello sovietico – che ancora corrode la società ucraina, la quale “reclama la dignità umana reclamata da Dio” e vuole rompere con il passato sovietico, che era “genocida, coloniale, imperialistico, ferocemente ateo e profondamente corrotto”.

I vescovi greco-cattolici riuniti in Sinodo ricordano come l’Ucraina si sia trasformata in una “terra di sangue” a causa di dittature rosse e brune, tanto che 15 milioni di persone sono state uccise sul territorio ucraino nel corso di due guerre, includendo le vittime di genocidi come quello di Holodomor (l’uccisione attraverso la fame) e l’Olocausto. Quasi un piano di “dittatori senza Dio” che volevano “sradicare fede e valori e distruggere la cultura e l’aiuto sociale delle persone per dominare, controllare e sfruttare la nozione”. Così “l’aborto divenne parte della politica di Stato, l’alcolismo divenne rampante, tutte le Chiese e religioni che erano state a fianco della popolazione perseguitata erano diventate primi obiettivi della repressione”, e “per tre generazioni il terrore era stato promosso, ed era diventato esplicitamente parte della politica di Stato”.

Poi, l’Unione Sovietica nel 1991 si dissolse in maniera pacifica. Ma il sovietismo non scomparì, per alcuni – ricorda il Sinodo permanente della Chiesa greco-cattolica – “la caduta dell’Unione Sovietica era la più grande tragedia del 20esimo secolo”, altri cercarono di ripristinare il osvietismo, e così le nazioni post-sovietiche sperimentarono “politiche repressive, autorevoli e cleptomani”, mentre il popolo continuava a soffrere e “la Chiesa greco-cattolica ucraina rimaneva solidale con il popolo, proponendo in maniera sistematica alla società la dottrina sociale della Chiesa”.

E così ha contribuito al movimento di coscienza che ha portato i cittadini ucraini a manifestare a piazza Maidan per porre fine a corruzione e ingiustizia sistematica, riaffermando la dignità umana e allo stesso tempo “sperimentando un autentico ecumenismo in azione”, un “desiderio per una piena e visibile unità Cristiana.” Insomma, una nuova unità, una nuova solidarietà, una nuova responsabilità per una nazione rinnovata.

Ricorda il sinodo permanente che le proteste furono accompagnate dalle preghiere di tutte le comunità religiose di Ucraina, e “questa manifestazione di solidarietà e sacrificio affascinò il mondo”. Ma altri pensavano “fosse necessario fermare questo nuovo senso di libertà, dignità e responsabilità civica” perché si sarebbe potuto diffondere ai vicini ucraini. Per questo, “negli ultimi due anni, l’intera nazione ucraina sperimenta la pressione del vicino del Nord nostalgico per l’eredità sovietica di grandeur imperiale”. Un agenda di abusi che “cerca una legittimazione internazionale e coltiva l’inimicizia e il rifiuto della volontà del popolo ucraino”.

Il riferimento alla Russia è tacito, ma evidente. “Siamo sotto una violenta invasione estera e abbiamo bisogno della tua leadership morale e del tuo aiuto caritatevole”, scrivono i vescovi greco-cattolici, rivolgendosi al Papa. Fanno il conto delle vittime: circa 10 mila sono stati uccisi secondo stime ufficiali, molti di più secondo stime non ufficiali; decine di migliaia sono i feriti; 5 milioni vivono le conseguenze della guerra, e almeno metà sono diventati rifugiati; altri 2 milioni sono sfollati, tra cui quasi 300 mila bambini, mentre più di mezzo milione di persone è stato costretto a lasciare la nazione negli ultimi due anni.

“E’ la più grande crisi umanitaria in Europa dalla fine della Seconda Guerra mondiale,” dicono i vescovi. Eppure, il “cuore grande” del popolo ucraino si fa sentire: accolgono rifugiati (circa 2 milioni), si prendono cura di feriti, senza tetto, orfani e vedovi”, nonostante le uccisioni continuino. E’ una “Europa messa in crisi nel suo cuore”. “Quanto spazio c’è nel cuore dell’Europa?”, si chiede il Sinodo permanente ucraino. Perché la crisi dei rifugiati la tocca nel cuore, ora ce ne sono altri che bussano alle porte, e “le fondamenta cristiane dell’Europa vengono messe alla prova”.

Tutto questo i vescovi ucraini hanno spiegato al Papa. E condannano ancora “atrocità, rapimenti, arresti e tortura dei cittadini ucraini in Donbas e Crimea”, specialmente quando sono diretti a gruppi etnici come i musulmani tartari. “Come cristiani, siamo pronti a perdonare e cercare pace. Annunciamo e promuoviamo in maniera attiva la pace e il perdono. Ma la pace vera non si otterrà finché non cesserà l’invasione e la guerra non sarà fermata”.

Tra le ferite, lo pseudo Sinodo di Lvivi, “orchestrato dall’8 al 10 marzo 1946 dal regime di Stalin per liquidare la Chiesa Greco Cattolica”. Un sinodo – denunciano i vescovi della Chiesa greco-cattolico ucraina – che ebbe luogo “senza alcun vescovo Greco cattolico, dato che erano stati tutti imprigionati”. Ma nessuno di loro “rinunciò alla comunione con Roma, nonostante torture, lunghe condanne alla prigionia, persino sentenze di morte. Fu così che “la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina divenne la più grande Chiesa completamente fuorilegge nel mondo”, le cui proprietà “furono trasferite alla Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca” oppure “confiscate e usate per scopi secolari”.

Stalin voleva tagliare ogni legame con Roma, e i vescovi pagarono cara la loro fedeltà: in molti morirono nei gulag. Eppure la Chiesa Greco Cattolica Ucraina è rimasta viva, mentre il regime sovietico è morto, e conta la vitalità di 33 eparchie ed esarcati con 53 vescovi. Da 3000 sacerdoti, ne erano rimasti 300 nel 1989. Oggi ce ne sono di nuovo circa 3000, età media 38 anni. È una Chiesa viva, il cui sinodo permanente è andato a Roma “per riaffermare la comunione con il Santo Padre e portare testimonianza della nostra comunione con la Chiesa Cattolica”.

Una fedeltà che la Chiesa greco-cattolica di ucraina, “ha dimostrato con il sangue” nel corso degli anni, e che ora è coinvolta nel promuovere la pace. Motivo per cui si è appellata al Papa perché dica una parola per fermare la guerra e argini “la crisi umanitaria causata dall’invasione della Russia”.

La Chiesa greco-cattolica ucraina apprezza il messaggio del Papa, che ha “riconosciuto la fedeltà e la testimonianza eroica” portata da generazioni di Greco Cattolici, e ora chiede al Papa che “inizi e supporti nuovi passi per aiutare ad alleviare” la sofferenza di milioni di ucraini, e che parli “a nome loro” incoraggiando per loro “aiuto internazionale”. La Chiesa greco-cattolica di Ucraina garantisce il supporto, e il servizio al popolo ucraino, per “cooperare in un ben coordinato piano che include corpi governativi e non governativi”.

Il messaggio è chiaro: i vescovi del Sinodo Permanente della Chiesa greco-cattolica ne hanno abbastanza della sofferenza. Ora è tempo per loro di una nuova pagina. Magari da girare con l’aiuto del Papa.

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Notizie Dal Vaticano

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IL SINODO STRAORDINARIO dei Vescovi sullo stato della Famiglia nel mondo contemporaneo si e’ concluso a Roma, ma ora tocca a tutte le chiese locali di approfondire quello che e’ un DOCUMENTO DI LAVORO. Dopo tuttto un anno di riflessione e dialogo tra le varie opinion, il processo si conclude con il SINODO ORDINARIO del prossimo Ottobre, dopo il cuale il Sommo Pontefice promulghera’ il document finale. La chiesa non ha scadenze politiche e lavora molto saggiamente per trovare la giusta risposta al piano di Dio, concretizzato nella vita delle famiglie nel mondo contemporaneo.

PAPA FRANCESCO continua a puntare I fari sulla realta’ dolorosa della Guerra e della poverta’ nel mondo. Nella festa di tutti I santi al VERANO ha gridato forte a favore di tanti “santi” che vengono sacrificati oggi giorno nel mondo sotto la poverta’, la violenza e il terrorismo. Il mondo non puo’ dimenticare milioni di esseri umani, a cui non e’ dato di vivere in questo pianeta.